24/6/2024
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Tristezza e Marketing: un'emozione rischiosa?

Tristezza e Marketing: un'emozione rischiosa?

Se nella strategia di marketing la gioia viene spesso utilizzata per creare esperienze positive, la tristezza può sembrare un’emozione controproducente. Tuttavia, quando impiegata correttamente, è in grado di creare un forte legame emotivocon il pubblico, aumentando la fiducia e migliorando la reputazione del brand.

Il potere della tristezza nella comunicazione emotiva

Le campagne pubblicitarie che sfruttano la tristezza sono spesso costruite su uno storytelling empatico, in cui si evidenziano momenti difficili o esperienze dolorose che, grazie all’intervento del brand, trovano un risvolto positivo.

Esempi famosi includono:

  • Adidas (Natale 2015) → La storia di una persona fragile che supera una sfida personale grazie al supporto del brand.
  • Edeka (Natale 2015) → Un nonno finge di essere morto per riunire la famiglia, evocando forti emozioni legate al valore della famiglia e alla connessione umana.

Il ruolo degli elementi sensoriali

Per amplificare l’intensità della tristezza e coinvolgere il pubblico in modo più profondo, è fondamentale combinare elementi visivi e sonori:

  • Immagini impattanti → Scene che evocano malinconia e vulnerabilità.
  • Musica malinconica → Studiata per adattarsi alle diverse fasi dello storytelling, portando l’utente da un’emozione negativa a una risoluzione positiva.

Questi elementi creano un’esperienza emotiva immersiva, capace di lasciare un impatto duraturo sul pubblico.

Cosa Succede nel Cervello?

A livello neurologico, la tristezza attiva diverse aree cerebrali responsabili dell’elaborazione emotiva e della memoria:

  • Corteccia cingolata anteriore → Coinvolta nell’elaborazione del dolore emotivo.
  • Sostanza grigia periacqueduttale → Associata alla regolazione dello stress e delle emozioni profonde.
  • Corteccia prefrontale → Ruolo cruciale nelle decisioni legate alle emozioni.
  • Ippocampo → Responsabile della memorizzazione a lungo termine delle esperienze emotive.

Secondo ScienceDirect, la tristezza riduce l’attivazione corticale, coinvolgendo maggiormente il sistema limbico, che governa emozioni e memoria affettiva.

Fisiologia della tristezza: il ruolo del pianto

La tristezza può generare due tipi di reazioni fisiologiche diverse, a seconda che sia correlata al pianto o meno:

  • Tristezza con pianto → Aumento della frequenza cardiaca (HR) e della conduttanza cutanea (GSR), segnale di una forte attivazione emotiva.
  • Tristezza senza pianto → Riduzione della frequenza cardiaca e della risposta galvanica della pelle, segno di un’esperienza emotiva più introspettiva.

Questi dati sono fondamentali per il neuromarketing, in quanto permettono di calibrare le campagne in base alla risposta emotiva desiderata.

Quando e come usare la tristezza nel marketing?

Se utilizzata strategicamente, la tristezza può essere un potente strumento narrativo, ma va gestita con attenzione:

  • Costruire una narrazione autentica → Evitare il rischio di sembrare manipolativi o eccessivamente drammatici.
  • Concludere con una risoluzione positiva → Trasformare la tristezza in speranza o ispirazione.
  • Usare elementi multisensoriali → Combinare immagini, musica e testi emotivamente coinvolgenti.

La tristezza, sebbene spesso evitata nel marketing, può rafforzare il legame emotivo con il pubblico, rendendo il messaggio più memorabile ed efficace. Il segreto sta nell’equilibrio tra empatia e autenticità, trasformando l’emozione in un’esperienza positiva che rafforzi la relazione tra brand e consumatori.

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