20/2/2025
6 min

Brand Activism e neuroscienze: i valori non sono solo marketing

Brand Activism e neuroscienze: i valori non sono solo marketing

Negli ultimi mesi, molte aziende tra cui Amazon, Google, Meta, Harley-Davidson e Jack Daniel’s hanno iniziato a smantellare le loro divisioni dedicate alla sostenibilità, alla diversità e all’inclusione (DEI). Realtà che per anni si erano presentate come "purpose-driven" ora sembrano tornare a una visione più tradizionale.

Ma questa è davvero una mossa strategica vincente? Le neuroscienze e le dinamiche di branding suggeriscono il contrario.

I brand non hanno più il lusso di essere neutrali

Come evidenziato nel video di Francesco Oggiano, oggi per le aziende ogni decisione presa (o non presa) è un posizionamento. Il pubblico è sempre più informato e il modo in cui un brand si comporta rispetto a temi sociali ed etici diventa un fattore chiave nel processo decisionale d’acquisto.

1. Connessione con i Valori del Consumatore

Quando un brand allinea i suoi messaggi ai valori profondi del consumatore, si attivano il nucleus accumbens e la corteccia prefrontale ventromediale, aree legate alla motivazione e alla valutazione delle scelte (Falk et al., 2015).

Se un’azienda abbandona i suoi valori, interrompe questa connessione e genera dissonanza cognitiva nei consumatori, che si sentiranno traditi.

2. Coerenza = affidabilità

Secondo gli studi sulla fiducia e il decision-making (Zaki et al., 2016), il cervello umano è programmato per premiare la coerenza e penalizzare l’incoerenza. Un brand che prima si dichiara inclusivo e poi rinnega queste politiche viene percepito come meno credibile.

Il cervello umano tende a consolidare esperienze negative più a lungo di quelle positive. I brand incoerenti vedono un calo del 37% nell’attrattività per i nuovi talenti e nelle intenzioni d’acquisto dei consumatori (Kantar, 2022).

3. La moralità come fattore decisionale

La moralità gioca un ruolo chiave nelle scelte d’acquisto. Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience dimostra che il cervello attribuisce un valore maggiore a prodotti e servizi che percepiamo come “moralmente positivi”.

4. Il rischio della reattanza psicologica

Quando le aziende smantellano iniziative valoriali, rischiano di innescare la reattanza psicologica (Brehm, 1966): il pubblico percepisce un comportamento opportunistico e reagisce opponendosi al brand.

È lo stesso meccanismo che porta i consumatori a boicottare marchi considerati incoerenti. Nel 2023, brand come Bud Light e Target hanno perso fino al 30% delle vendite in alcuni segmenti di mercato.

Ricostruire la fiducia è difficile

Le persone non vogliono solo prodotti o servizi, ma brand in cui identificarsi. Un marchio che rinnega i suoi valori per convenienza rischia di perdere il suo pubblico, forse in modo definitivo.

L’attivismo non vende più come una volta, ma i valori non sono una moda passeggera: sono un driver decisionale potente, radicato nel funzionamento del nostro cervello.

Conclusione

Le neuroscienze dimostrano che la coerenza valoriale è un elemento cruciale per la percezione di un brand. Un'azienda che cambia rotta senza una strategia chiara rischia non solo di perdere la fiducia del proprio pubblico, ma anche di subire un calo significativo in termini di attrattività e vendite.

I brand possono recuperare credibilità dopo scelte simili? La risposta dipende dalla loro capacità di ricostruire fiducia attraverso azioni autentiche e coerenti nel tempo.

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